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La processione

C’è un avvenimento che richiama a Tarquinia una moltitudine di persone anche dai centri più lontani: è la Processione del Cristo Risorto che si svolge la Domenica di Pasqua.

In molti pensano che sia unica nel suo genere, per l’effetto che produce sulla folla, assiepata fino all’inverosimile lungo le strade della cittadina.

Chi non ha mai assistito a questo avvenimento, non può rendersi conto di quanto sia grande l’attaccamento dei tarquiniesi verso la Statua della Risurrezione.

E’ una festa che coinvolge tutti, anche coloro che, più critici e razionali, vorrebbero, ma inutilmente, mantenre la loro freddezza. Non è possibile: in quel breve momento in cui la Statua passa davanti ad ogni spettatore, è veramente come assistere ad un trionfo, trionfo dell’anima sul corpo, trionfo del bene sul male, trionfo della vita sulla morte.

E’ un coinvolgimento che scaturisce dalla parte più intima, più profonda dell’essere. E poi d’improvviso il silenzio, un silenzio tanto più intenso, tanto più penetrante perché succede alla grande confusione che fino ad ora ha accompagnato la Processione.

E’ il momento in cui la Statua, giunta sulla piazza, lentamente si rivolta; lo sguardo del Cristo oltrepassa la folla, va verso la campagna, quella campagna che con i suoi raccolti è fonte di vita e di benessere per la buona parte dei tarquiniesi, e la sua benedizione, vincendo la distanza, giunge alla terra lavorata, gli oliveti, ai campi di grano... Cristo conosce il lavoro,perché la sua infanzia e la sua giovinezza le ha passate nell’umile bottega di San Giuseppe, e sa quanto sia importante nella vita di tutti gli uomini.

Con quell’ampio gesto benedicente, si rivolge a tutti i lavori senza distinzione.

Tutto questo viene percepito dalla gente che in quell’istante Gli rivolge silenziosamente le proprie suppliche. E’ un colloquio intimo e personale con il Redentore. E’ qualcosa di indescrivibile, anche perché a questo attimo magico, consumato nel silenzio, fa seguito l’applauso della folla, il suono del “campanone di piazza” e delle campane di tutte le chiese di Tarquinia.

Si tratta senza dubbio di fede popolare, superficiale o profonda, di ricerca Dio attraverso segni visibili e concreti e l’elemento emozionale gioca un ruolo importante, sia esso rappresentato da semplice curiosità, da una abitudine che sa di rimpatriata o da vera commozione e partecipazione alla Processione che trova il suo epilogo trionfale nella Risurrezione.

Il Cristo, vincitore sulla morte, emana sicurezza, conferma la speranza, attira a Lui.

Ogni partecipante e ogni spettatore contribuiscono a creare questa atmosfera e così il camminare insieme, il ritrovarsi liberamente al di fuori di connotazioni politiche o sociali, diventano rapporto diretto e personale con un Cristo che ne esce umanizzato ma non diminuito nel suo divino trionfo.

La comunità ritrova in questa occasione le sue origini culturali e religiose, radici secolari che rimangono tali pur nelle inevitabili variazioni del fluire del tempo e del modo di vivere.

E’ interessante sottolineare che la Processione del Risorto non è tradizione ritrovata per attirare il turista: è stata sempre un punto fermo per il popolo tarquiniese e solo il nuovo Codice italiano nel 1980, poibendo le processioni, provocò una sua momentanea interruzione.